ESCURSIONI. Scoprire la Salina di Comacchio
Patrimonio Unesco.
La Salina di Comacchio si estende su una superficie di circa 550 ettari nella parte nord-orientale delle Valli di Comacchio, all'interno del Parco del Delta del Po Emilia-Romagna. Tutta l'area è caratterizzata da elementi di assoluto pregio ambientale e quindi sottoposta ad un articolato sistema di vincoli e, dal 2015, è riconosciuta anche come zona Patrimonio Unesco, insieme a gran parte del territorio del Delta.
L'ecosistema della Salina di Comacchio accoglie una ricca e preziosa biodiversità, da ammirare, conoscere e proteggere: numerose specie di piante e di animali che si sono adattate a vivere in questo ambiente caratterizzato da acque e fanghi molto salati.
La particolarità dell'ambiente è dovuta alla sua storia. La Salina è stato un importante sito di produzione di sale dal 1810 al 1984.
Dopo anni di abbandono un progetto di rivalorizzazione ambientale LIFE NATURA, effettuato dal 2000 al 2005, ha portato ad un parziale recupero.
Dal 2015 il Comune di Comacchio, in collaborazione con l'Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità Delta del Po e CADF La Fabbrica dell'Acqua, ha investito in un nuovo progetto di promozione turistica e rivalorizzazione naturalistica, offrendo finalmente a turisti e amanti della natura, la possibilità di visitare questo ecosistema unico.
Il sale delle Valli di Comacchio. Storia
La storia di Comacchio, legata al sale fin dall’antichità, è stata molto travagliata per i continui attacchi e tentativi di conquista, dovuti alla posizione strategica di Comacchio lungo la via del commercio e alla preziosa presenza delle saline, per la produzione dell’“oro bianco”.
Non si riscontrano documenti e manufatti certi che testimonino una vera e propria produzione di sale in periodo pre-romano, ma certamente la città etrusca di Spina fu, tra il VI sec. e il IV sec. a.C., un importante snodo commerciale sulla “via del sale”.
Il primo vero e proprio documento che attesti la regolamentazione del commercio di sale è il cosiddetto Patto di Re Liutprando del 715 d.C., in cui si dichiara che i comacchiesi potevano utilizzare gli scali longobardi lungo il fiume Po, pagando dazi e tributi in sale.
Le informazioni storiche rimangono piuttosto vaghe per buona parte dell’Alto Medioevo fino a che le mire espansionistiche di Venezia mettono in evidenza quanto il sale di Comacchio fosse divenuto un fattore determinante negli equilibri geopolitici della regione.
Sentendo la propria egemonia sul commercio del sale minacciata dalla presenza di Comacchio, la Serenissima, nel 932, distrugge Comacchio e le sue saline, aumentando il pregio del sale di Chioggia e costringendo i comacchiesi a ripiegare su attività clandestine, assai meno redditizie.
Queste attività furono tollerate fino al XV secolo, quando Venezia, espandendosi nella terraferma, attuò politiche più severe, fino ad attaccare e quasi radere al suolo, nel 1482-83, la città di Comacchio, già territorio estense, durante la cosiddetta “guerra del sale”.
Nel 1598 con la fine del Ducato Estense, per volontà di papa Clemente VIII, venne autorizzata la produzione di sale nelle valli comacchiesi. Sotto il dominio dello Stato Pontificio le attività prosperarono, senza mai abbandonare però del tutto i commerci di contrabbando.
Il periodo tra il 1707 al 1796 vide invece un continuo declino del territorio adibito alla produzione di sale, tanto che di quest’ultima non ne rimase quasi traccia. Fu con l’arrivo della armata napoleonica, nel 1796, che ebbe inizio un grande cambiamento.
La Salina di Comacchio deve la sua attuale morfologia agli interventi voluti dal governo di Napoleone nel 1808: i tratti principali del progetto sono rimasti quasi inalterati fino ad oggi.
Napoleone decise, all’inizio del XIX secolo, di rilanciare la produttività del territorio promuovendo la produzione del sale con uno stabilimento alla francese, cioè a raccolta multipla: le autorità locali donarono alcuni campi vallivi per un totale di 523 ettari.
I lavori vennero svolti con l’aiuto di oltre 3000 soldati, sotto la supervisione dell’ingegnere Gerard de Bayon, il capo salinaro Bonnet e alcuni esperti comacchiesi. L’intera salina venne circondata da un argine per impedire allagamenti. Inizialmente la quantità di sale prodotta non fu abbondante, ma sufficiente a far continuare i lavori e terminare il progetto.
Il Congresso di Vienna, in seguito, restituì la proprietà della Salina allo Stato Pontificio, e avendo assunto l’aspetto e la produttività di un vero stabilimento, venne valorizzata e mantenuta attiva, conservando la struttura progettata da Bayon per diversi decenni.
Dal 1882 la Salina venne gestita direttamente dallo Stato e nel corso dei decenni subì diversi cambiamenti. All’interno della Salina era necessario un lavoro continuativo durante tutto l’anno, in quanto non solo la raccolta era multipla, ma anche tutti i lavori di manutenzione era svolti artigianalmente. Questo rendeva necessaria la permanenza dei salinari all’interno dell’area per lunghi periodi: nacque una vera e propria comunità, distribuita all’interno della Salina, con abitazioni, chiesa e luoghi di incontro.
A partire dagli anni ’60 ebbe inizio il processo di meccanizzazione della produzione e della raccolta, che andò a sostituire il lavoro manuale e, l’esperienza dei salinari, con le macchine. Dove prima erano necessarie centinaia di persone per svolgere correttamente i lavori, ora ne bastavano un numero esiguo. Da diverse decine di bacini salanti per la raccolta multipla (alla francese), si passò a otto grandi specchi d’acqua. Questo stravolgimento della morfologia causò però un ampliamento dei dislivelli tra le vasche, andando ad inficiare l’azione evaporante del vento, compromettendo l’intera produzione. La produttività divenne tanto scarsa che nel 1985 il Ministero delle Finanze decretò la chiusura della Salina di Comacchio.
Attività: dalla primavera all'autunno è possibile visitare la Salina di Comacchio a piedi o in trenino, secondo le modalità indicate nel sito https://www.salinadicomacchio.it
Fonte: Salina di Comacchio